In Catilinam, I

cristiana caserta / latino
  • Created on 2018-10-26 11:58:33
  • Modified on 2019-06-10 19:06:40
  • Translated by Cristiana Caserta
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Latin
italiano
[ 1 ] Quo usque tandem abutere , Catilina , patientia nostra ? quam diu etiam furor iste tuus nos eludet ? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia ? Nihilne te nocturnum praesidium Palati , nihil urbis uigiliae , nihil timor populi , nihil concursus bonorum omnium , nihil hic munitissimus habendi senatus locus , nihil horum ora uoltusque mouerunt ? Patere tua consilia non sentis , constrictam iam horum omnium scientia teneri coniurationem tuam non uides ? Quid proxima , quid superiore nocte egeris , ubi fueris , quos conuocaueris , quid consili ceperis quem nostrum ignorare arbitraris ? [ 2 ] O tempora , o mores ! Senatus haec intellegit , consul uidet ; hic tamen uiuit . Viuit ? Immo uero etiam in senatum uenit , fit publici consili particeps , notat et designat oculis ad caedem unum quemque nostrum . Nos autem fortes uiri satis facere rei publicae uidemur , si istius furorem ac tela uitamus . Ad mortem te , Catilina , duci iussu consulis iam pridem oportebat , in te conferri pestem quam tu in nos omnis iam diu machinaris . [ 3 ] An uero uir amplissimus , P . Scipio , pontifex maximus , Ti . Gracchum mediocriter labefactantem statum rei publicae priuatus interfecit : Catilinam orbem terrae caede atque incendiis uastare cupientem nos consules perferemus ? Nam illa nimis antiqua praetereo , quod C . Seruilius Ahala Sp . Maelium nouis rebus studentem manu sua occidit . Fuit , fuit ista quondam in hac re publica uirtus ut uiri fortes acrioribus suppliciis ciuem perniciosum quam acerbissimum hostem coercerent . Habemus senatus consultum in te , Catilina , uehemens et graue , non deest rei publicae consilium neque auctoritas huius ordinis : nos , nos , dico aperte , consules desumus .
Fino a che punto , Catilina abuserai della nostra pazienza ? Quanto a lungo questa tua follia si prenderà gioco di noi ? Fino a che limite si spingerà la tua sfrenata temerarietà ? Non ti hanno intimorito il presidio notturno sul Palatino ? Non le sentinelle della città ? Non la paura della popolazione ? Non la concordia di tutti i buoni ? Non questo luogo protettissimo per riunire il senato ? Non i volti e le facce di costoro ? Non senti che i tuoi piani sono stati svelati ? Non vedi che la tua congiura è ormati immobilizzata dalla consapevolezza di tutti costoro ? Che cosa tu abbia fatto la notte scorsa e la precedente , dove tu sia stato , chi tu abbia convocato , quale decisione tu abbia preso , chi di noi pensi che lo ignori ? O tempi ! O che costumi ! Il senato capisce questo , il console vede , e costui tuttavia vive . Vive ? Anzi addirittura viene in senato , si fa partecipe delle pubbliche deliberazioni , marchia e destina con lo sguardo all’uccisione ciascuno di noi . Mentre a noi , uomini coraggiosi , sembra di fare abbastanza per lo stato , evitando la pazzia e i dardi di costui . A morte sarebbe stato necessario che tu , o Catilina , fossi condannato già da tempo per ordine del console , che contro di te si rivolgesse quella rovina che tu ormai da lungo tempo vai tramano contro noi tutti . Se dunque un uomo eminentissimo come Publio Scipione pontefice massimo , benché privato cittadino , provocò la morte di Tiberio Gracco , che ben poco faceva vacillare la stabilità dello Stato , noi consoli dovremmo sopportare Catilina che brama di devastare con stragi e incendi il mondo intero ? Tralascio infatti quegli episodi troppo antichi come il fatto che Gaio Servilio Ahala uccise di mano Spurio Melio che aspirava a rivolgimenti politici . CI fu , ci fu una volta in questo Stato un valore tale per cui gli uomini coraggiosi punivano il cittadino pericoloso con supplizi più atroci di quelli con cui punivano il peggiore nemico dello Stato . Abbiamo contro di te Catilina , un decreto del Senato energico e severo ; allo Stato non manca il consiglio l’autorità di quest’ordine ; noi , noi consoli , lo dico apertamente , stiamo venendo meno al nostro dovere .

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